Quel geniaccio di Cadaqués

Salvador Dalì. Anni fa mi innamorai dei surrealisti o forse del suo personale surrealismo, del suo modo di concepire l’arte, della possibilità di avere un pensiero libero da ogni controllo razionale. Dare voce e visibilità al sogno, a quella parte di noi considerata follia, alle allucinazioni e ai deliri.
Illustrazioni di Salvador Dalì per la Divina commedia

In apertura: Salvador Dalì, illustrazioni per la Divina Commedia, xilografie

Salvador Dalí i Domènech

Io da piccolo mentre sollevo un lembo di mare per fare ombra al mio cane.

Lo ricordo così, il titolo della prima tela che mi ero ritrovata davanti, visitando una sua mostra quasi casualmente. Ne rimasi folgorata! 

A quel tempo non conoscevo l’autore né le sue opere (se non per sentito dire) e quelle tele, dipinte in modo eccellente, con una perfezione quasi maniacale e dai contenuti così sconcertanti, mi sconquassarono letteralmente, mente e cuore.
Non avevo mai visto niente di simile! E ora, che son passati molti anni, posso dire che è ancora così.

Ma cosa voleva dire?
Chi era questo pittore?
Come si fa solo a pensare di sollevare un lembo di mare, come se fosse un lenzuolo?

Avevo bisogno di capire, dovevo scoprire qualcosa in più di questo strano personaggio: comprai il catalogo della mostra ma non fu sufficiente, la curiosità aumentò e qualche giorno dopo, andai in libreria a cercare qualcos’altro da leggere. Ma l’universo o il caso, chiamatelo come volete, aveva ben altri programmi per me.

Qualche mese dopo infatti, andando a trovare degli amici in un’altra città, mi trovai di fronte ad un palazzo con uno striscione verticale rosso e il suo nome: Salvador Dalì. Non ci pensai nemmeno un istante, salutai gli amici, comprai il biglietto ed entrai a visitare la mostra. E la stessa cosa successe tante e tante altre volte nel corso degli anni successivi.

Opera pittorica di Salvador Dalì

Dalì, El momento sublime, 1938

Mi innamorai dei surrealisti o forse del suo personale surrealismo, del suo modo di concepire l’arte, della possibilità di avere un pensiero libero da ogni controllo razionale.

Dare voce e visibilità al sogno, a quella parte di noi considerata follia, alle allucinazioni, ai deliri e a tutto ciò che è considerato blasfemo e irriverente.

Scavalcare il controllo della ragione per arrivare al nocciolo di noi stessi, alla nostra essenza, all’inconscio finalmente libero di esprimersi, spogliati da ogni conformismo fino ad arrivare a disquisire anche sugli aspetti scatologici da sempre disconosciuti e reietti.

E sulla scia delle teorie Freudiane, aprire i cassetti segreti, quelli dell’inconscio appunto, per accogliere, visualizzare e finalmente comprendere, idee e immagini prodotte dal subconscio, come in questa sua bellissima scultura dal titolo Stipo antropomorfico.

Opera scultorea di Salvador Dalì

Salvador Dalí, a mio parere, è riuscito perfettamente in quest’impresa con le sue opere e con la sua originale teoria della “paranoia critica”. Lui la definiva metodo spontaneo di conoscenza irrazionale dei fenomeni deliranti, presentata tra l’altro, con Buñuel, autore dei film di segno surrealista Un chien andalou (1929) e L’âge d’or (1930) che consiglio di vedere almeno una volta.

Le idee ossessive, le visioni irrazionali e il delirio, decifrati e tradotti in immagini.
Un genio appunto!

Come dicevo, ho avuto la possibilità di ammirare da vicino tantissime opere di questo grande artista perché per molto tempo ovunque andassi mi imbattevo miracolosamente in una sua esposizione.

Pitture, sculture, gioielli, tessuti, installazioni, scenografie, cortometraggi, marchingegni di tutti i tipi, fotografia e non da ultima l’opera grafica, insomma una produzione mastodontica! Finché non decisi che era arrivato il momento di andarlo a trovare.

Illustrazioni di Salvador Dalì

Illustrazioni per Alice nel paese delle meraviglie,
edito da Press-Random House di New York , Alice in Wonderland, 1969

(fonte: https://diamondinteriors.org/2013/06/10/salvador-dali-alice-in-wonderland-illustrations-1969-2/)

Prima tappa: Cadaqués

I rilievi di Cap de Creus, un arruffato borgo di case bianche chiamato Portlligat ospita la Casa-Museo Dalì. È da qui che è partito tutto: da una stanza-casetta di pescatori, percorrendo un sentiero che non era ancora una strada, innamorandosi della sua musa Gala (conosciuta nel 1929) nonostante fosse già sposata con un suo amico.

Questa è stata la sua dimora e il suo rifugio.

Arrivo a ridosso del mare, su questa costa frastagliata, così presente nelle sue opere da avere la sensazione di esserci già stata.

Cerco di immaginare quella prima casetta formata da una sola stanza, allargata poi negli anni inglobando credo 6 o 7 casette simili.

L’impronta di Dalì è percepibile fin dall’esterno con l’enorme uovo che campeggia sul tetto.

L’ultima tela ancora sul cavalletto, i suoi pennelli e gli oggetti delle sue ossessioni, tutto racconta di lui, delle sue stravaganze, dei suoi deliri paranoici ma anche della sua indubbia capacità espressiva.

Il giardino è magnifico, nonostante la piscina dalla forma fallica che mi strappa un sorriso, e i suoi elefanti issati su zampe che sembrano degli spilloni contorti conficcati nel terreno.
Ogni angolo è saturo della sua conturbante e giocosa personalità.

Casa di Salvador Dalì

Particolare del giardino

Seconda tappa: Castello di Pùbol

Un castello promesso alla sua sposa per anni, come in una favola (si sposarono nel 1934). Alla fine finalmente trovato, anche se piuttosto malmesso, lo ristruttura e glielo regala nel 1969.

Lei accetta a patto che fosse solo suo, lui poteva accedervi solo dietro invito scritto.

Soffitti affrescati, trompe l’oeil (famosi i suoi copri-termosifoni col termosifone dipinto), opere e sculture in ogni stanza, un inno alla sua musa, al grande amore della sua vita. Aveva progettato e realizzato tutto, perfino le loro tombe, due grandi sarcofaghi, uno accanto all’altro, in un locale al pian terreno, laddove una volta c’erano le stalle.

Salvador Dalì e Gala


Ma con mia grande sorpresa uno di questi era vuoto!
La bellissima favola del loro amore oltre i limiti del tempo, si interrompe qui? – Pensai un po’ delusa.

Questo amore così forte, esploso a tal punto da fargli sopportare uno scandalo che fece il giro del mondo (lei abbandonò marito e figlia) contrastato da tutti (lei era più grande di 10 anni) e che probabilmente lo fece diseredare dal padre, finisce una sera del 1984 proprio in questo castello (dove si era trasferito dopo la dipartita di Gala avvenuta nel 1982), a causa di un incendio, in camera da letto, che per poco non lo uccise. Aveva 80 anni.

Terza tappa: Figueras

Dopo essersi ripreso dalle conseguenze dell’incendio, si trasferisce nel vecchio teatro comunale (distrutto dai bombardamenti della guerra civile e abbandonato per decenni) che nel 1961 il sindaco ebbe l’idea di trasformare con la sua collaborazione, in quello che oggi è il Teatro-Museo Dalì (inaugurato poi nel 1974).

È vissuto lì, nella Torre Galatea, fino alla sua morte avvenuta nel 1989, tra le sue opere deliranti. E sembra che negli ultimi tempi abbia espresso la volontà di essere sepolto proprio lì.

Ma la favola del Marchese Dalì di Pùbol, non finirà mai, perché l’amore per Gala è impresso in modo indelebile in tutta la sua opera artistica.

Salvador Dalì e Gala in una delle ultime immagini che li ritraggono insieme

L’ultimo anno insieme
(fonte: http://www.dailyartmagazine.com/dali-gala-great-love-story/)
Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech

(Figueras, 11maggio 1904 – 23 gennaio 1989)
Gala alias Elena Ivanovna Diakonova

(Russia, 1894 – Portlligat, Girona, 1982)

Piccola curiosità sulle illustrazioni per la Divina Commedia

Per il settimo centenario della nascita di Dante Alighieri, il governo italiano aveva progettato di realizzare una versione di lusso della Divina Commedia e nel 1950 ne commissiona le illustrazioni a Salvador Dalì.

Egli realizza 102 acquarelli (di cui ne vedete due in apertura) per l’Istituto Poligrafico dello Stato che verranno esposti per la prima volta in assoluto il 14 maggio 1954 a Palazzo Pallavicini Rospigliosi di Roma, ma le polemiche, nate già con la scelta dell’artista, aumentarono in modo esponenziale tanto da indurre l’Istituto Poligrafico di Stato, a recedere dal contratto stipulato.

Non so chi fu scelto poi per illustrare la Divina Commedia per l’Istituto Poligrafico dello Stato Italiano ma Dalì trovò comunque il modo di pubblicarne la sua personalissima interpretazione qualche anno dopo.

Per una perfetta riproduzione, gli acquarelli sono stati trasposti in xilografia, impiegando circa 3000 legni e fino a 35 colori per ogni tavola!

Tutte le tavole che illustrano l’Inferno, il Paradiso e il Purgatorio si trovano tranquillamente sul web, alcune sono visibili in apertura di questo articolo.

Infine vi lascio con uno dei suoi capolavori, rimasto incompiuto per oltre 50 anni e riportato alla luce solo nel 2003: Destino, un cortometraggio a cartone animato, nato dall’incontro tra Walt Disney e Salvador Dalì. Una fiaba surreale che racconta il travagliato viaggio di una fanciulla che rincorre il suo amore, il Tempo.

FONTI:
Serie completa delle illustrazioni della Divina Commedia:
https://topprintmaking.com/dali-divine-comedy-from-watercolor-to-wood-engraving
Per approfondimenti sulla Cronologia di Dalì in talia: https://www.salvador-dali.org/media/upload/pdf/cronologia-dali-in-italia-editada-per-skira-editora_152717105934.pdf
Per i dettagli biografici, opere, filmografia: https://www.salvador-dali.org/


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2 pensieri su “Quel geniaccio di Cadaqués

  1. Un bel racconto di una storia personale legata all’effetto prorompente di un grande artista nella propria vita ! Ben descritto, a tratti toccante e soprattutto coinvolgente e contagioso.
    Una lode di cuore all’autrice.

Ciao, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi, per favore lascia un commento

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